Alessandro e quella standing ovation infinita
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Una carovana maestosa, una folla chilometrica, uno sciame infinito di persone, il tutto esaurito, un coinvolgimento unico, irripetibile, storico perché una celebrazione religiosa, un funerale al PalaWojyla, nel tempio dello sport, non aveva precedenti. Tutto questo per Alessandro, tutto questo era ed è Alessandro, ossia l’amore di una città, più città, troppo grande per essere racchiuso persino in un ambiente ampio come il palazzetto dello Sport. E’ stato proprio Don Luigi De Giorgio, vicario foraneo e parroco di San Francesco d’Assisi a sottolinearlo nel corso della sua toccante omelia e a ribadire come la commozione generale che ha pervaso tutti noi sia la conseguenza della semina fatta da Alessandro con i suoi sorrisi, la sua semplicità, i suoi sogni e la sua gran voglia di vivere e di essere un ottimo marito, un ottimo padre, un ottimo amico, un ottimo calciatore. Un esempio in tutto e per tutto. Il silenzio per una funzione religiosa dal grande trasporto emotivo è stato rotto, a più riprese, dagli applausi collettivi sempre più scroscianti, assordanti soprattutto quando Alessandro ha eseguito il suo ultimo simbolico giro di campo, lì dove diverse sue prodezze sono ancora incise sul parquet. Applausi fragorosi, interminabili, in grado di riunire in un immenso abbraccio ideale. Una standing ovation riservata solo ai grandi campioni. Spontanea, solo per Alessandro.