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La Martina del calcio in coma farmacologico

Il Martina è morto al 100%? Ci sono ancora speranze? E’ davvero finita? Questi i quesiti che balenano con sempre più insistenza nelle ultime febbrili ore nella testa dei tanti tifosi biancazzurri sempre più in apprensione ed ormai spettatori di un epilogo che viaggia verso il drammatico. Sì, dramma. La fine del calcio non può che divenire un dramma sportivo, collettivo, dalle lacerazioni profonde e impossibili da cicatrizzare. Il verdetto di alcune testate giornalistiche è già imperioso, definitivo, brutale, crudele: il Martina non si iscriverà al prossimo campionato di Lega Pro. Un verdetto che già uccide mentre lo si legge perché tutto quello che si è fatto in questi straordinari sei anni rischia di essere vanificato irrimediabilmente senza appello. Non si potrà salvare nulla, rimarrebbero solo dei piacevoli ricordi, ma allo stesso tempo amari, rimanendo appunto solo ricordi. La sostanza, infatti, direbbe che è finito il calcio prestigioso di Lega Pro, andato distrutto, dilapidato, annientato, boicottato, ammazzato. Ci sono tante realtà che lo sognano, che venderebbero l’anima al diavolo per viverlo e Martina rischia di rifiutarlo, gettarlo, di depauperare un patrimonio incommensurabile. Finirebbe in frantumi una passione, una attaccamento che per tanti equivale all’avere una famiglia. Accade questo quando c’è un cuore che batte e pulsa per quei colori, di questo si tratta. A poche ore dall’esito finale senza entrare nel merito delle colpe di questa situazione che vanno ripartite tra varie parti e che inevitabilmente necessitano di uno sguardo di insieme, si attende il miracolo, o quanto meno si spera fino all’ultimo. E’ lecito farlo, è doveroso farlo. Tornando ai primi quesiti, la risposta attuale sarebbe: coma farmacologico. Il Martina è in coma farmacologico. Potrebbe risvegliarsi ma anche no. Il lumicino di speranza è flebile e rischia di spegnersi ora dopo ora. Qui occorre un gol insperato al 94’, in zona cesarini. Qui si cerca un gol prezioso, sicuramente il più importante, perché non si vincerebbe solo una partita: si difenderebbe quanto meravigliosamente costruito, si preserverebbe la storia sportiva di questa cittadina. Per fare questo gol, però, bisogna crederci, bisogna davvero volerlo, occorrono senso di responsabilità, lucidità, attenzione, occorre orgoglio di appartenenza, ed un altro orgoglio, diverso, dovrebbe essere messo da parte per inseguire un obiettivo comune ed iniziare una nuova avvincente avventura. Insieme.

Sandro Corbascio

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