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Leggieri: “E’ una Costituzione aperta”

Riceviamo e pubblichiamo un’analisi del presidente commissione consiliare Cultura al Comune di Martina Franca, Aldo Leggieri, in merito all’odierna Festa della Repubblica. “La costituzione italiana repubblicana entrò in vigore il 1°gennaio 1948. Essa fu approvata dall’Assemblea costituente, eletta contemporaneamente al referendum istituzionale del quale oggi, 2 giugno, si festeggia la nascita della Repubblica. Come si rilevò subito dalla partecipazione al voto i consensi popolari a favore della nuova forma di stato furono molto più alti al nord che al sud. Per dire da noi a Sud si espressero più per la Monarchia che per la Repubblica. Ora, sarebbe interessante fare una riflessione sui processi e sulle dinamiche storiche, politiche e culturali che fotografarono questa sorta di “frattura” del voto fra l’Italia meridionale e settentrionale, ma non ci sarà tempo per il dibattito.
Dicevo, furono le prime elezioni a suffragio universale (anche femminile) che si fossero svolte in Italia. L’Assemblea Costituente non ebbe soltanto il compito di “scrivere” la Costituzione: il decreto legislativo luogotenenziale 98/1946 le aveva affidato alcuni compiti tipici del Parlamento, come eleggere il Capo provvisorio dello Stato, far valere la responsabilità politica del Governo e approvare le leggi in materia costituzionale, elettorale e i trattati internazionali. Non sorprende quindi che, correttamente interpretando il proprio ruolo parlamentare, l’Assemblea Costituente (AC) contestasse con forza la delega di poteri legislativi che il d.l.lgt 98/1946 aveva disposto a favore del Governo: per cui si arrivò ad un accordo sulla base del quale erano le commissioni dell’AC a decidere quali decreti potessero essere emanati dal Governo e quali dovevano viceversa essere approvati dalla stessa AC.
I lavori della Costituzione furono lunghi e complessi, tanto da dover prorogare più volte la propria durata inizialmente prevista in otto mesi (quando alla fine l’AC funzionò fino alla fine del gennaio 1948). L’Assemblea costituente nominò una commissione (detta “dei 75”, perché tanti ne erano i componenti tra i quali grandi personalità come Calamandrei, Pertini, Dossetti, La Pira, Moro, De Vittorio, Taviani, Iotti, Bozzi, Togliatti, Merlin, Basso, Amendola, Einaudi, Terracini, ecc) di elaborare un progetto di Costituzione.
La Costituzione fu approvata con quasi il 90% dei voti dell’AC. Il fatto che il testo finale della Costituzione sia stato approvato da quasi il 90% di un’assemblea politicamente divisa all’epoca, può spiegare alcune caratteristiche della nostra Carta. E’ una Costituzione viene oggi definita “lunga”, perché un consenso così vasto si è potuto realizzare soltanto sommando, e non selezionando, le istanze, gli interessi e i valori delle diverse componenti politiche. E’ una Costituzione “aperta”, nel senso che non pretende di individuare il punto di equilibrio tra diversi interessi, ma si limita ad elencarli, lasciando alla legislazione successiva di individuare il punto di bilanciamento. Questo aspetto della Costituzione è stato molto spesso criticato e considerato quasi un difetto irrimediabile. Ma è una critica sbagliata, non solo dal punto di vista storico, ma anche su quello teorico, dal momento che tutte le costituzioni del ‘900 nascono necessariamente da un compromesso tra diverse forze politiche, ed è proprio questo compromesso che le rende tutte “lunghe” e “aperte”. Il fatto è che la Costituzione italiana è nata grazie a condizioni assai particolari, in una situazione irripetibile di velo di ignoranza, di non conoscenza da parte dei partiti di allora della loro futura sorte politica. Eletti per la prima volta, con il voto anche delle donne, i membri dell’Assemblea costituente non sapevano quale esito avrebbero avuto le prime elezioni politiche. Per dirne una, oggi, condizioni del genere, in Italia, sono impensabili e non esistono: è proprio per questo che è diventato così difficile cambiare la Costituzione (ad eccezione di una discutibile riforma del Titolo V, ma ne parlerò in un altro momento). Alla costituente nessun gruppo era certo di poter conquistare la maggioranza nel futuro Parlamento, e perciò ognuno temeva l’ipotesi di perdere le elezioni. Insomma, la paura di soccombere, diciamo, ha prevalso sul desiderio di imporsi: e quindi da qui l’attenzione assoluta per i diritti delle minoranze, quali esse siano. Da qui la scelta, per il sistema parlamentare, per il sistema delle garanzie costituzionali e l’opzione per il sistema proporzionale. Ma, in definitiva, da qui acquista senso la Costituzione stessa, tutta rivolta a fissare i confini oltre i quali non può andare la volontà della maggioranza politica, quale essa sia. Per cui è vero, se ci pensiamo, che la nostra Costituzione italiana afferma valori opposti, spesso conflittuali, senza dire quale dovrà prevalere. Ma questa è una caratteristica ricca di implicazioni positive perché il carattere “aperto” della Costituzione sta a indicare la sua natura “pluralista”. Ultimamente, ci sono molti critici che dicono l’esatto opposto. E cioè che la Costituzione italiana sarebbe irrimediabilmente invecchiata perché troppo legata alle circostanze della sua nascita: paralizzata dal compromesso politico, troppo segnata dalle vicende storiche italiane, dalla crisi delle istituzioni liberali, ecc. Ma il punto a mio avviso è un altro: non è la nostra legge fondamentale che deve essere rintoccata (il cui dibattito è naturalmente legittimo e con delle verità) ma attribuire la responsabilità del cattivo funzionamento delle istituzioni politiche. Questo è il dibattito di coloro, da alcuni osservatori, intellettuali, alcuni editoriali di giornale, politici, ecc , che pretendono di far funzionare loro le istituzioni: come dire che se le macchina va fuori strada, il pilota è sempre pronto a dire che la colpa non è sua ma del costruttore…E allora anche per questo 2015, buona festa della Repubblica a tutti”.

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